Palermo: Blue Cycle + Green Cycle = Liquid City

Sin dalle rappresentazioni del geografo Al-Idrisi Palermo è nota per la Conca d’oro, paradiso di fertili terre agricole e ampi giardini di agrumi che circondavano la città. Nella Costa Sud, nascoste da muri, permangono tuttora ampi frammenti di aree agricole solcate dalle strutture di captazione e diffusione delle acque che testimoniano la presenza degli arabi in città.


La Costa Sud è caratterizzata dalla foce del fiume Oreto che qui si trasforma in un invaso inquinato ormai dimenticato dalla città. Si tratta di un’area disomogenea e stratificata in cui il paesaggio, parzialmente eroso da grumi di edifici dismessi e degradati, coesiste con l’archeologia industriale degli ex-gasometri, con architetture e luoghi di pregio come Villa Giulia, l’Orto Botanico, i Dipartimenti scientifici dell’Università, l’ex-deposito Locomotive di Sant’Erasmo ed il Ponte dell’Ammiraglio, costruito in epoca normanna, che testimonia l’antico tracciato dell’Oreto che, prima della deviazione del 1938, scorreva fin qui.


Il progetto rilegge Palermo come città di acqua dolce e salata e individua una strategia di riqualificazione del waterfront che reimmette nel metabolismo urbano luoghi inattivi, paesaggi incerti e architetture abbandonate. Partendo dalla zona compresa tra la foce dell’Oreto e l’area degli ex-gasometri, il progetto applica una strategia di RE-CYCLE in un’area di forte resilienza e rintraccia le risorse idriche e verdi presenti nell’area: il mare, il porto, l’acqua pluviale, le djebia, le alghe, l’acqua di fiume, i parchi, i giardini e i campi agricoli per aumentare le potenzialità architettoniche UP CYCLE e disegnare nuovi cicli di vita HYPER CYCLE. Certi che la riattivazione del BLUE-CYCLE e del GREEN-CYCLE permetterà di riattivare gli altri tre cicli che definiscono l’identità urbana (Grey, Red e Brown), il fiume, il lago artificiale del Castello di Maredolce e i tracciati irrigui che solcano l’area sono lo spunto per definire una strategia sostenibile e una nuova agri-tettura basata sulla combinazione di architettura e agricoltura.


Ulteriore elemento di ispirazione è il Ficus Magnolideum dell’Orto Botanico che, con le sue radici, costruisce un architettura vegetale che irradia la sua linfa vitale nelle aree circostanti. Il disegno dei tracciati idrici crea una nuova topografia urbana in cui il blu dell’acqua si affianca al grigio delle strade e al verde agricolo. Questo sistema, che traspone sulla mappa della città il tracciato del sistema circolatorio umano, implementa la permeabilità dei suoli e attua una rilettura che, dalla scala urbana (disegnata da una nuova topografia venosa), lavora sulla scala architettonica e giunge al dettaglio delle sezioni stradali che si trasformano in una rete di canali che, attraversando la città, raccolgono le acque pluviali e le distribuiscono irrigando campi e giardini e separando le vie veicolari, i pedoni e le piste ciclabili. Parallelamente, il sistema di recupero delle acque pluviali dai tetti dei grandi edifici ridistribuisce questa risorsa nelle zone urbane e sub urbane.


Il sistema è regolato dalla rilettura delle torri d’acqua di memoria araba che, trovando una rappresentazione a grande scala nell’area degli ex gasometri e negli elementi secondari dislocati nell’area, definiscono dei landmark che, mediante micropale idriche, producono energia elettrica e realizzano una prima depurazione. Un ulteriore elemento che contribuisce alla sostenibilità del sistema è connesso alla produzione di ossigeno derivante dalla coltivazione delle alghe nei water ways attraverso un processo che si avvale della notevole proprietà di fotosintesi di questi elementi vegetali e acquatici.
La riattivazione dei cicli Blue e Green rende al contempo possibile la ricostruzione di una topografia della memoria che fa riemergere la storia della città e rivela un’immagine di Palermo Liquid City altrettanto eminente di quella della città di pietra.

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