Viaggiatori dell’Ottocento alla scoperta della Calabria

A dispetto della fama europea di regione aspra e pericolosa, la Calabria tra la fine del ‘700 e l’intero ‘800, attrasse numerosi viaggiatori stranieri, specialmente inglesi, desiderosi di conoscere soprattutto i luoghi della Magna Grecia e le loro bellezze paesaggistiche. Oltre al fascino delle civiltà classiche ed al mito romantico del brigantaggio, una delle ragioni principali che mosse intellettuali ed artisti del tempo ad intraprendere il viaggio verso l’estrema punta dell’Italia peninsulare fu però anche la volontà di conoscere luoghi, tradizioni, costumi ed opere d’arte per loro inediti; conoscenza che, per quanto non di rado condizionata da idealizzazioni o pregiudizi, essi trasferirono in opere a volte accompagnate da una ricca iconografia fatta di incisioni o acquerelli e non prive oggi di interesse documentario oltre che artistico e letterario.
Uno di questi viaggiatori curiosi e – per taluno dei loro contemporanei – incoscienti e temerari, fu lo scrittore e pittore inglese Edward Lear (1812-1888). Oltre che artista stimato nel proprio paese, fu anche un viaggiatore infaticabile, capace come pochi altri di unire le sue abilità nel disegno e nella pittura con il racconto dei luoghi via via visitati, producendo volumi che contengono veri e propri reportage illustrati. Nel 1841 si trasferì a Roma e, muovendo dalla Città Eterna, cominciò a viaggiare per l’Italia.
Nell’estate del 1847, insieme all’amico John Proby, Lear intraprese un viaggio in Calabria di cui ci avrebbe lasciato un delizioso resoconto nel suo “Journals of a landscape painter in Southern Calabria” pubblicato nel 1852 a Londra per l’editore Richard Bentley. Il viaggio si svolse dal 25 luglio al 5 settembre 1847 e fu compiuto a piedi: una scelta che lo stesso Lear considerò necessaria per poter fare “sempre ciò che ci piace, ammirare o fermarci per disegnare, senza alcuna regola precisa” come scrive nello stesso diario di viaggio.
L’itinerario iniziò da Reggio Calabria e terminò nella stessa città dopo aver attraversato l’entroterra e la costa della provincia. Borghi di collina o di mare come Motta, Bova, Condofuri, Staiti, Bovalino, Roccella, Palmi, Scilla, Villa San Giovanni, solo per citarne alcuni, furono visitati da Lear e dal suo compagno di viaggio grazie al supporto della guida locale Ciccio che li condusse per le contrade del reggino insieme al suo inseparabile asino.
Lear ci restituisce con efficace realismo paesaggi di grande suggestione, tratteggiati con ricchezza di dettagli in incisioni basate sugli schizzi o sui vivacissimi acquerelli realizzati durante il viaggio. La dualità della terra calabrese, divisa fra l’asprezza delle montagne e la dolcezza delle coste, traspare pienamente dalle immagini di Lear, al quale peraltro non sfugge l’analogia fra il carattere dell’ambiente e l’intima natura della gente del posto.
Ma oltre alle immagini, ad avere un ruolo centrale nel ”diario” è soprattutto il suo racconto, fresco, vivace ed attento a cogliere scene di vita in una Calabria non estranea alla temperie risorgimentale. I fermenti che presto sarebbero sfociati nei moti rivoluzionari di Reggio Calabria costrinsero infatti Lear ad interrompere, suo malgrado, il viaggio alla fine di agosto dello stesso anno.
Le immagini della Calabria non sono le uniche a comparire nei Journals di Edward Lear. Troviamo infatti anche quelle di altri luoghi del Regno di Napoli, raccolte dall’autore in Campania, Puglia e Basilicata lungo l’itinerario percorso per raggiungere la sua destinazione. Alla Sicilia, visitata nello stesso anno, l’artista avrebbe successivamente dedicato una specifica e bellissima opera illustrata.

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